giovedì 10 gennaio 2008

I TEMPLARI E I REX DEUS DI MAURIZIO CHIAVARI

NON NOBIS DOMINE, NON NOBIS, SED NOMINI TUO DA GLORIAM.

Maurizio Chiavari

Signore e signori, buonasera grazie di essere intervenuti a questa che io preferisco chiamare non conferenza dibattito, ma incontro nella fraternità. Ringrazio il fratello Pietro Marino ed il fratello chiarissimo professor Giuseppe Lombardo, che così degnamente hanno presentato la mia umile persona. Grazie a loro e grazie a voi per essere stati così pronti e così numerosi ad intervenire per ascoltare le mie parole. Prego il Signore che mi dia la forza e la lucidità necessarie per poter parlare davanti a voi di cose così importanti come l'Ordine del Tempio, della sua storia e dei suoi enigmi, di tutto ciò che esso significa e tutto quello che ad esso può essere accostato.

E' la prima volta che il Gran Priorato d'Italia dell'Ordine dei Cavalieri di Cristo e del Tempio di Gerusalemme, Sacro Ordine dei Cavalieri Templari, con l'aiuto determinante degli amici di Esoteria e del fratello Pietro Marino in particolare, cui va il nostro più umile ringraziamento affettuoso, organizza un incontro nella fraternità qui, nell'Italia del Sud, in queste magnifiche terre cariche di storia e di bellezze.

Ringrazio e confermo innanzitutto quanto detto da chi mi ha preceduto: il mio nome è Maurizio Chiavari, e sono indegnamente il Gran Priore d'Italia dell'Ordo Milites Christi Templum Hierosolymitani, Ordine del Cavalieri di Cristo e del Tempio di Gerusalemme, l'Ordine dei Cavalieri Templari in Italia. Se mi permettete, da questo momento in poi, preferirei rivolgermi a Voi chiamandovi fratelli e sorelle, così come facevano i nostri antichi confratelli, che Dio li abbia in Gloria. Vi prego di darmi la Vostra opinione………

Bene, Vi ringrazio per questa dimostrazione di fiducia e di fratellanza. Dico subito che io non sono qui per insegnare qualcosa, ma soltanto ad esprimere le mie idee che sono anche quelle dei miei confratelli e consorelle. Casomai io sono qui per imparare, da voi, quello che posso, e quello che ho da imparare non è poco, ma veramente moltissimo.

Ordunque, fratelli e sorelle carissimi, questo bianco mantello che indegnamente indosso, è un mantello per noi sacro, il mantello dell'Ordine del Tempio. Vi sono racchiusi sofferenza, gloria e mistero, grandi segreti e grandi conoscenze…..posso assicurarvi che questo mantello, così antico e così glorioso, fa venire i brividi al solo contatto, ed averlo indosso è un peso interiore e spirituale che non è descrivibile. Occorre meritare di indossarlo: spero che Dio, nella Sua infinità bontà e misericordia, perdoni i miei molteplici peccati e mi giudichi degno di rivestire questo mantello sacro. Come Gran Priore d'Italia, nomina avuta non certo per i miei meriti, posso affermare che soltanto con l'aiuto di Dio e dei miei confratelli e consorelle potrò adempiere a questa gravosa missione: sì, è una missione vera e propria, perché avere una simile responsabilità, quella di dirigere qui in Italia l'Ordine del Tempio non è cosa da poco, e spero di avere tutte le risorse spirituali e morali necessarie affinché possa adempiere al mio uffizio secondo il volere del Padre Onnipotente che nei Cieli e di Suo Figlio Gesù Cristo. Vi faccio preghiera di voler perdonare mie eventuali imprecisioni e/o errori involontari, ma vi posso assicurare che è per me una grande emozione essere qui oggi assieme a tutti voi, cari fratelli e sorelle.

SCOPO DELL'ORDINE

Siamo qui riuniti per parlare di cavalieri templari, antichi e dei giorni nostri, delle loro realtà e delle loro leggende, del loro martirio e dei loro misteri. Io cercherò di non tediarvi soltanto con la solita storia dei templari, cercherò di argomentare anche altre cose, note e meno note ai più che si interessano della storia del nostro Ordine. Anche perché essere templari oggi è ben difficile: oserei dire che per i nostri antichi confratelli la vita e la ragione di essere templari era senz'altro più semplice, non fosse altro che per lo scopo che a quei tempi l'Ordine aveva.

Se una volta l'essere templari, come vedremo, aveva una sua specifica ragione di essere, oggi essere templari che significa? Che senso ha, oggigiorno, cercare di far rinascere a nuova vita l'Ordine del Tempio e rinverdire i sani princìpi della cavalleria di un tempo? Questo è un discorso che riprenderemo alla fine, ma desideravo fare un breve accenno.

Per dire la verità, ne abbiamo sentite di tutti i colori, e desidero dirvene qualcuna, così per celiare: qualcuno ha detto l'Ordine non serve assolutamente a nulla, che sono solo manovre di rispolvero di un lontano passato ormai morto e sepolto. Altri hanno detto che tale tentativo nasconde scopi lucrativi e di bassa lega; qualcun altro ha aggiunto che il tentativo di far rinascere l'Ordine del Tempio nasconde una manovra per abbindolare qualcuno, per distogliere persone dalla loro normale vita e dai valori che l'uomo faticosamente ha conquistato. Altri ancora hanno sostenuto, e qui andiamo veramente sul comico, che l'Ordine del Tempio ha lo scopo di riunire persone anziane mettendogli addosso un mantello per ridare a questi anziani vitalità ed interesse, sostituendo così in modo subdolo e sleale qualche centro specializzato dedito alla cura geriatrica e della terza età. Incredibile ma vero. Penso che si possa solo sorridere e che non si possano e debbano commentare tali uscite e prese di posizione.

Fratelli e sorelle carissimi, niente di quello che è stato detto sul nostro Ordine dai tipi strambi di cui sopra ha un briciolo di verità, nulla di più sbagliato: l'Ordine del Tempio non ha scopi lucrativi, ma soltanto di aiuto ai più bisognosi ed ai derelitti; l'Ordine del Tempio non intende abbindolare proprio nessuno, né distogliere alcuno dalle proprie abitudini, anzi oserei dire che l'Ordine cerca proprio questo: una riscoperta dei valori dell'uomo, una nuova rivalutazione di tutto quello che l'uomo crede di avere perduto, perché di questo passo l'uomo non solo perderà i valori più sacri che ha conquistato e che Dio gi ha donato, ma perderà anche sé stesso, in modo definitivo e tragico.

Ma di questo riparleremo dopo.

STORIA DELL'ORDINE

Usando un gioco di parole, cerchiamo di andare per ordine con l'Ordine. Per parlare dell'Ordine del Tempio, della sua storia, dei suoi misteri e di altro ancora, occorrerebbero ore ed ore, vista anche l'immensa bibliografia che si occupa dei Templari. Tuttavia, senza tediarvi troppo, cercherò di delineare, a grandi tratti, per voi, cari fratelli e le sorelle che siete oggi così gentilmente intervenuti, una sommaria storia dell'Ordine del Tempio, della sua ascesa e della sua rovina, dovuta certo ad alcune colpe dell'Ordine stesso, ma per la maggior parte dovuta alla cupidigia ed alla follia di un re francese bancarottiere pieno di voglia di grandezze e di potenza… ed ad un Papa debole e spaurito, succube del re. La storia dell'Ordine serve per capire poi meglio tutti i nostri intendimenti.

Ma cominciamo dall'inizio.



La storia dell'Ordine parte dal 1099 con la conquista da parte dei Crociati di Gerusalemme: le campagne intorno alla città erano assai insicure, piene di soldati sbandati alla macchia e di banditi di ogni razza e religione che assaltavano, depredavano ed uccidevano i pellegrini che si recavano in Terrasanta, provenienti dall'Europa. La guarnigione militare cristiana di Gerusalemme era di fatto assai ridotta, in quanto i soldati ed i cavalieri, assolto il voto di liberare il Santo Sepolcro, si erano reimbarcati per i rispettivi Paesi in Europa.

I regni cristiani formatisi dopo la conquista della Città Santa, cioè il Regno di Gerusalemme, la Contea di Edessa, il Principato di Antiochia e la Contea di Tripoli, più che fondarsi sulla loro reale potenza militare, si reggevano solo sulla grossa mancanza di unione delle varie tribù dell'Islam. A quanto ci narrano le cronache, attorno all'anno 1102, un gruppo di nove cavalieri francesi con il loro seguito, capitanati da un certo Hugo di Payns, conte della Champagne, si presentò al Re di Gerusalemme, Baldovino II, mettendosi subito a disposizione del regno per la protezione dei pellegrini ed il pattugliamento delle strade a Gerusalemme e dintorni. Questi cavalieri non si presentarono al re vestiti in maniera sfarzosa, con i mantelli pieni di colori e con le gualdrappe dei loro cavalli pieni di frange dorate, ma erano coperti da un semplice mantello bianco senza nessun altro fregio o armatura luccicante. In più, erano a cavalcioni in due sullo stesso cavallo. Hugo di Payns sostenne, davanti al re, che non erano le vesti che facevano i buoni e coraggiosi cavalieri, ma il cuore. Dopo averli ascoltati, Baldovino II concesse loro come quartier generale un'ala del monastero fortificato di Nostra Signora di Sion, accanto a quello che era stato il Tempio di Salomone.



Qui i nove cavalieri, Hugo di Payns, Bysol de Saint Omer, Andrè de Montbard (che era lo zio di San Bernardo), Archambaud de Saint Aignan, Gondemar, Rossal, Jacques de Montignac, Philippe de Bordeaux e Nivar de Montdidier stabilirono il loro quartier generale, assieme al loro seguito, formato dai loro scudieri, dai "sergenti" e servitori. Questi cavalieri avevano fatto voto di non tornare in Francia se non dopo aver sistemato le cose in Terrasanta, rendendo le strade sicure cosicché i pellegrini non dovessero correre rischi. Veramente non era proprio questo il vero intendimento dei cavalieri, come vedremo dopo. Unitisi in un Ordine, voluto fortemente ed a tutti i costi da San Bernardo, all'inizio furono chiamati "I Poveri Cavalieri di Cristo", in quanto al momento dell'entrata nell'Ordine, tutti i loro beni personali passavano di fatto all'Ordine stesso, il quale provvedeva al loro totale sostentamento ed a tutto ciò che poteva servire ai cavalieri combattenti, lasciando gli stessi in povertà. Addirittura i cavalieri perdevano la loro identità, facendosi chiamare, come del resto fanno i frati, con nomi di fantasia o, come in questo caso, di battaglia. Questi cavalieri cominciarono così a pattugliare le strade come promesso al re, il quale fu entusiasta del loro operato. Dopo poco tempo, il numero dei cavalieri aumentò, cosicché dovettero trasferirsi a pochi metri, andando ad occupare tutta l'area di quella che era la spianata del Tempio di Salomone, ossia l'area fra la Moschea della Roccia e la Moschea di Al-Aqsa.



A questo punto il loro nome fu cambiato in "Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Gerusalemme", e furono più semplicemente riconosciuti come "templari". Come abbiamo detto prima, i templari non erano andati in Terrasanta solo con lo scopo di difendere i pellegrini dalle bande armate e di pattugliare le strade: quella era solo una copertura, in quanto lo scopo principale dei templari, su incarico di San Bernardo, era quello di effettuare scavi e ritrovare le reliquie più importanti per la cristianità, e la Sacra Sindone ne è una prova. Così, oltre a difendere le strade ed i pellegrini, i templari iniziarono nel 1104 importanti scavi proprio sotto la Moschea della Roccia, ossia dove sorgeva il Tempio di Salomone, facendo ritrovamenti di grandissima importanza religiosa, e non solo. Ma su questo ritorneremo dopo.

I templari nascevano come un Ordine contemporaneamente monastico e militare: i monaci cosiddetti tradizionali pronunciavano tre voti, ossia obbedienza, povertà e castità: i templari, oltre a questi tre voti, ne pronunciavano anche un quarto, cioè lo "stare in armi", quindi il combattimento armato. Erano così dei veri e propri monaci guerrieri.



Questo stato di cose era abbastanza inusuale per la Chiesa, in quanto il voto dello "stare in armi" mal si conciliava con gli altri tre. Era un problema non di poco conto, ma che fu brillantemente risolto da San Bernardo, il grande teologo e fondatore dell'Ordine Cistercense, dal quale i Templari derivano direttamente, tanto che fu proprio lui, come detto, a volere l'Ordine del Tempio. San Bernardo, riprendendo il concetto della "guerra giusta" espresso da Sant'Agostino, considerò il voto templare dell'uso delle armi contro gli infedeli non una intenzione di "omicidio", ma una vera e propria azione contro il Male, ossia un "malicidio", come si può leggere nel "De Laude Novae Militiae Christi", scritta di suo pugno come l'intera Regola Templare.

A questo punto, l'Ordine aveva bisogno di un "imprimatur" ufficiale da parte della Chiesa, ed anche a questo pensò San Bernardo, facendo convocare dal Papa Onorio II un Concilio a Troyes, in Francia, nel quale fu presentato l'Ordine e la sua Regola. Sotto gli auspici del Santo, tutti gli Statuti dell'Ordine furono approvati e sulla Regola Templare fu apposto il sigillo papale, mentre Hugo di Payns, anch'egli presente al Concilio, venne nominato Gran Maestro dell'Ordine direttamente dal Papa. Dopo questa approvazione ecclesiastica ufficiale, la fama dell'Ordine del Tempio crebbe rapidamente ed in modo vertiginoso, con essa crescendo anche la potenza e la ricchezza dell'Ordine stesso, che ricevette elargizioni e donazioni spontanee praticamente da ogni strato sociale. Difatti ogni elargizione e/o donazione veniva usata per il finanziamento della campagna di guerra in Terrasanta, e tutti, pur non partecipando direttamente alla guerra, potevano però dare il loro contributo: in pratica, donare ai Templari significava contribuire materialmente alla liberazione dei "Possessi di Dio" come veniva chiamata spesso la Terrasanta. L'Ordine crebbe anche in prestigio, tanto che i cadetti delle famiglie nobili facevano a gara per entrare nell'Ordine, sia per la loro sistemazione (non essendo i primogeniti avevano ben pochi diritti in famiglia) sia per avere un baluardo cristiano in Terrasanta. La massa delle donazioni ed elargizioni tu tale che Hugo di Payns dovette lasciare in Francia parecchi confratelli che fossero in grado di amministrare l'enorme patrimonio acquisito, onde far fronte alle grosse spese delle campagne di guerra in Terrasanta. Hugo tornò invece a Gerusalemme con un gran numero di reclute, che divennero perfetti cavalieri templari combattenti. Il 24 maggio 1136 Hugo di Payns morì, e gli successe Roberto di Craon, saggio ed oculato amministratore, oltre che grande combattente. Papa Innocenzo II, con la bolla "Omne datum optimum" concesse all'Ordine la totale indipendenza, compreso l'esonero dal pagamento di tasse e gabelle, oltre alla direttiva secondo la quale l'Ordine non doveva rendere conto a nessuno del suo operato, tranne che direttamente al Papa.



Ma questa Regola dell'Ordine di cui si è parlato, com'era, anzi, com'è? Fu scritta di proprio pugno prima da Hugo di Payns che la fece dura e difficile da rispettare, ma poi fu rivista e corretta direttamente da San Bernardo, che la rese durissima e ferrea, ancora più esasperata. Era ed è formata da 72 articoli, che trattavano tutto ciò che poteva essere utile alla vita quotidiana, sia in Occidente che in Terrasanta: i primi 7 articoli riguardavano l'aspetto monacale dell'Ordine, mentre gli 11 successivi trattavano la vita quotidiana. Dall'articolo 20 al 29 si trattava l'aspetto dell'abbigliamento e del regime alimentare, con nette distinzioni fra chi era di stanza in Europa e chi in Terrasanta. Parleremo dopo di questo. Dall'articolo 30 in poi si affrontava l'aspetto militare, l'assistenza agli infermi, tutti i vari e numerosissimi divieti, le penitenze per chi infrangeva la Regola e così via. Questa Regola, scritta sulla falsariga di quella cistercense, era durissima come detto, sia per regolare i cavalieri secondo gli usi locali ed igienici (soprattutto in Terrasanta), sia per mantenere una disciplina di ferro. Tanto per fare alcuni esempi, portiamo qualche estratto dalla Regola: "...che sia fatto divieto a chiunque di abbracciare o baciare una donna, fosse anche madre, sorella o parente. Se è madre, che essa venga tenuta a distanza e che il cavaliere saluti compostamente chinando il capo. Se è altra donna, che venga allontanata senza esitazione...". Un'altra molto dura "...che durante il sonno venga tenuta accesa una torcia per rischiarare tutto l'ambiente e che il cavaliere dorma vestito per essere sempre pronto alla battaglia...che il cavaliere dorma su un pagliericcio che dovrà stallare da solo il mattino successivo...". Esaminiamo quest'altra: "...che sia fatto divieto a chiunque di andare a caccia, di ridere scompostamente, di parlare troppo o di gridare senza motivo...che sia fatto divieto del gioco dei dadi, delle carte e di qualsiasi altro...che essi aborriscano i mimi, i giocolieri e tutto ciò che è gioco e divertimento...che tengano i capelli corti o rasi, perché il capello lungo si addice più a femmina che non a monaco combattente...". E leggiamo ancora: "...che il cavaliere si desti ogni mattino invernale alla quarta ora dopo la mezzanotte, ed ogni mattino estivo alla seconda ora dopo la mezzanotte, per partecipare agli uffizi religiosi...chi è infermo o ferito dovrà essere portato agli uffizi dai propri confratelli su lettiga...". E per quanto riguarda il regime alimentare: "...che il cavaliere mangi due volte al giorno, zuppa di verdure e legumi e carne di montone o di manzo...che sia fatto divieto della carne di maiale...il cavaliere può mangiare carne tre volte la settimana...che venga osservato il digiuno ogni venerdì...che il cavaliere, durante la Settimana Santa, venga messo a pane ed acqua...". Ed altro ancora. Come si può vedere da questo, la Regola era veramente durissima. In Terrasanta, grazie anche a questa ferrea Regola, l'Ordine Templare divenne in assoluto il più potente e temuto: già nel 1150, l'Ordine poteva mettere in campo, entro pochissimo tempo, oltre 3000 uomini fra cavalieri, sergenti, turcopoli e altra milizia.

ORGANIZZAZIONE ANTICA DELL'ORDINE

L'Ordine, sempre attraverso la sua Regola, si diede una organizzazione interna verticistica e formidabile: un Gran Maestro che aveva la responsabilità totale del comando e di tutto l'Ordine; un Maresciallo, che aveva la responsabilità delle armi e dei vettovagliamenti dei cavalieri; un Gran Siniscalco, che aveva la responsabilità amministrativa e politica dell'Ordine. Dopo di questi, sia i possedimenti che le donazioni terriere venivano suddivise in Gran Priorati, che equivalevano agli Stati; i Priorati, che equivalevano ad un gruppo di regioni nello stesso stato; i Balivati, che equivalevano ad una provincia; i Precettorati, che equivalevano alle nostre città piccole e grandi. Così esistevano i Precettori, i Balivi, i Priori, i Gran Priori. Era una organizzazione perfetta, visto che ognuno per la gestione interna era totalmente indipendente dall'altro, e ognuno doveva rendere conto al suo superiore diretto, fino ad arrivare al Gran Maestro.



Una cosa interessante: se ad esempio il Gran Maestro voleva fare visita ad una Precettoria di città, ma il Precettore non era d'accordo per motivi validi, lo stesso Gran Maestro non poteva entrare: questo per far comprendere quanto ognuno fosse responsabile della parte a lui affidata. Per ciò che riguardava la parte economica, ogni Precettoria doveva mantenersi da sola, facendo lavorare sia i cavalieri che altro personale: ogni Precettoria aveva i suoi orti, i suoi animali da allevamento e quant'altro necessario al sostentamento dei cavalieri. Alla fine di ogni mese, la Precettoria doveva inviare al Gran Siniscalco, che fungeva anche da Tesoriere, la decima parte del guadagno incamerato, mentre il resto rimaneva alla Precettoria per i costi di gestione. Come possiamo vedere, anche una organizzazione commerciale perfetta. Così i Templari, sia in Terrasanta che in Europa, divennero un costante riferimento per le truppe ed anche per i pellegrini, che consideravano le Precettorie, ossia le caserme, veri punti di ristoro ed eventualmente anche rifugi inattaccabili dalle scorrerie dei briganti. I cavalieri templari, sempre nell'ambito del Concilio di Troyes, adottarono un motto che tuttora è in uso, cioè "Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", ossia "Non a noi, Signore, non a noi, ma al Tuo nome sia gloria".

I TEMPLARI E LA LETTERA DI CREDITO

Ma i templari, oltre che straordinari combattenti, si rivelarono anche degli ottimi amministratori. Molti pellegrini che si recavano in Terrasanta depositavano presso le casse dell'Ordine i loro averi, per poi ritirarli al loro ritorno, aumentati degli interessi relativi al deposito. Questi fondi depositati nelle casse dell'Ordine venivano impiegati per l'acquisto di armamenti e per operazioni commerciali per le quali i fondi stessi, alla fine, rientravano nelle casse dell'Ordine ben più di quanto non fossero usciti. I templari erano, insomma, degli ottimi affaristi e commercianti, sempre, beninteso, per il bene dell'Ordine. E' da notare che la parte maggiore, ossia la quasi totalità del tesoro dell'Ordine, chiamato anche Tesoro del Tempio, era custodito a Gerusalemme, e il Gran Siniscalco e Tesoriere ne aveva la piena responsabilità, assieme al Gran Maestro.



Ma come abbiamo detto, le Precettorie templari erano diffuse in tutta Europa e, tranne le quotidiane spese che servivano al sostentamento ed al buon andamento delle Precettorie, e che erano sostenute dalle stesse, tutti i costi per il vettovagliamento e l'equipaggiamento dei cavalieri ed il loro seguito erano sostenute direttamente dall'Ordine. Significava quindi, quando la situazione lo richiedeva, spostare ingenti somme di denaro dalla Terrasanta in Europa, a bordo nelle navi del Tempio. Ciò non sarebbe stato un problema, dato che la flotta templare era di fatto inattaccabile, ed i pirati saraceni nel Mediterraneo si tenevano ben lontani dalle navi battenti le bandiere dell'Ordine, ma i templari erano, oltre che saggi, anche assai prudenti. Quindi il dilemma era su come inviare danaro in Europa senza rischi. Come fare? La risposta è semplice: fu inventata la lettera di credito, o se preferite l'assegno. Quando occorreva in Europa una somma di denaro, il Gran Siniscalco ed il Gran Maestro a Gerusalemme firmavano una lettera che ordinava al Siniscalco del Tempio in Europa di versare a chi di dovere la somma richiesta, prelevandola direttamente dalle casse dell'Ordine in Europa. Così, non era necessario spostare materialmente per mare somme di denaro che comunque potevano far gola a chiunque.

I RITUALI DEL TEMPIO

Passando ai rituali, erano complessi e nel contempo densi di suggestivo fascino: ad esempio, quando moriva il Gran Maestro, nel lutto generale tutti erano tenuti a recitare cinquanta volte il Padre Nostro al mattino ed altre cinquanta volte alla sera, si manteneva un regime di quasi digiuno, tranne che per i feriti e gli infermi. Il Gran Maestro veniva sepolto con il suo mantello e la sua spada, mentre i guanti bianchi venivano bruciati. Ai poveri veniva dato doppio pasto al giorno, mentre il giustacuore, la cotta e l'elmo del Gran Maestro veniva donato ai lebbrosi. L'elezione del nuovo Gran Maestro era particolarmente suggestiva: il Maresciallo del Tempio nominava due cavalieri, fra i più valorosi, che passavano una notte di preghiera nella Cappella del Santo Sepolcro dove, assieme ai Cavalieri custodi dello Stesso, vi era in essere un acquartieramento templare formidabile, armato fino ai denti, con sorveglianza giorno e notte, visto che la Regola così recitava: "...il demonio colpisce di giorno e di notte, quindi che si difenda il Sacro Sepolcro dall'alba all'alba successiva sempre in armi...". Al mattino successivo, essi nominavano altri due cavalieri; così in numero di quattro, si ritiravano di nuovo nella Cappella la notte successiva, e ne eleggevano altri due. Via via, essi raggiungevano il numero di dodici, che stavano a rappresentare in modo allegorico i dodici apostoli, e questi dodici nominavano a loro volta un tredicesimo cavaliere, detto "cappellano" che rappresentava simbolicamente Gesù. Quindi si riunivano in conclave (come si fa oggi per l'elezione del nuovo Pontefice) ed alla fine eleggevano il Gran Maestro: la loro decisione era inappellabile e definitiva e veniva poi sottoposta, solo per ratifica, al Capitolo Generale, ossia l'adunanza di tutti i cavalieri.

LE DONNE NELL'ORDINE

Una figura che non era certo di secondaria importanza era quella delle donne nell'Ordine. Se ne è sempre parlato poco, ma così è. Come abbiamo detto, i cavalieri non potevano in alcun modo avvicinare donne, ma esisteva una comunità femminile, e queste donne (per lo più ragazze), venivano chiamate "ancelle templari". Ognuna di esse era addetta alle cure di un cavaliere, come il lavaggio delle vesti, il rammendo delle stesse sdrucite, la manutenzione dei mantelli e quant'altro rappresentava lavoro muliebre, quindi non adatto ad un uomo. I cavalieri non potevano vedere mai queste loro ancelle, ma solo sentirne la voce e, non sempre, conoscerne il nome. Tali ancelle erano poi utilissime quando si trattava delle cure ai feriti, ai malati ed all'assistenza ai moribondi. Erano anche determinanti nell'approvvigionamento di vettovaglie ed altro.



Rappresentazioni di donne nell'Ordine possiamo trovarle in pergamene e codici miniati dell'epoca. Un'altra rappresentazione, molto significativa, la troviamo nella Cappella dei Templari a Villalcazar, in Spagna.



Dopo aver parlato diffusamente dell'Ordine nelle sue linee generali, dovrei ora parlare della partecipazione del templari alle Crociate, sulle battaglie da loro condotte, vinte e perse. Ma, rendendomi conto che potrebbe essere noioso, anzi lo è senz'altro, ve ne faccio grazia. Chi vuole, e questo ci farà piacere, può dedicarsi a tale lettura tramite il nostro sito su Internet. Vi dirò soltanto che i templari si distinsero per le molte battaglie in cui furono determinanti, ma anche in battaglie dove la troppa sicurezza, la spavalderia e la superbia giocarono ai Templari brutti scherzi. Moltissimi cavalieri, per via di alcuni Gran Maestri pieni soltanto di disprezzo, di vanità e di ricerca della gloria personale, caddero sulle ardenti sabbie della Terrasanta. Non furono pochi, gli errori commessi dai Templari durante le Crociate, anche se controbilanciate dalle tante azioni eroiche e vincenti. Alla fine delle Crociate, dopo la battaglia di Acri, l'ultima grande battaglia fra cristiani e musulmani, l'Ordine del Tempio lasciò sul campo oltre 10.000 fra cavalieri e sua altra milizia.

Preferirei, invece, parlare della fine dell'Ordine, stabilita in un processo farsa, costruito ed architettato appositamente dal re di Francia Filippo IV detto "il bello" e dal Papa Clemente V per appropriarsi dei beni dell'Ordine e delle loro grandi acquisite conoscenze di scienza e tecnologia, come ad esempio la tecnica della costruzione delle grandi cattedrali gotiche. Lo faremo brevemente, per poi parlare di cose ancora più stupefacenti ed importanti.

IL PROCESSO AI TEMPLARI

Parliamo ora di una delle pagine più buie dell'Ordine, quel processo infamante che decretò di fatto la sua fine. Dopo la caduta di San Giovanni d'Acri, i templari si erano rifugiati su un isolotto al largo della costa, chiamato Ruad, a due miglia in mare dirimpetto a Tortosa.



I Templari rimasero sull'isolotto fino al 1303, quando si ritirarono definitivamente a Cipro, e da qui in Europa, e soprattutto nella terra dove l'Ordine era nato, in Francia. L'Ordine, nato per la difesa dei luoghi di Terrasanta, ma non solo, come abbiamo già visto, era divenuto di fatto inutile, ma ancora potentissimo per la sua forza economica e di armamento. Ed era un potente braccio armato della Chiesa. Perse le antiche origini, i cavalieri templari non erano più umili come un tempo, e talvolta divenivano sprezzanti e pieni di alterigia, e proprio per questo erano malvisti da alcuni strati del clero e dalla gente comune. Riccardo Cuor di Leone, lasciò scritto nel suo testamento : "Lascio la mia avarizia ai monaci cistercensi, la mia lussuria ai Monaci Grigi, la mia superbia ai Templari". Da qui, proprio da questo progressivo lassismo dell'Ordine, iniziò il suo lento ma inesorabile declino.

ESQUIEU DE FLORYAN

Così, al principio dell'anno 1305, come prima detto dal profesor Cristiani, un tale Esquieu de Floryan, priore di Montfaucòn, nella regione di Tolosa, un brutto giorno si presentò al castello di Lerida, davanti al Re Giacomo II d'Aragona, narrando al re rivelazioni terribili e sconvolgenti sui Templari, dicendo di averle sentite da un cavaliere cacciato dall'Ordine. Le accuse di questo Esquieu de Floryan erano gravissime: accusava i Templari di essere una sorta di setta di idolatri, di eretici e di sodomiti, che adoravano un idolo barbuto chiamato Bafometto e che sputavano sopra la croce in segno di disprezzo verso Cristo, oltre ad altre amenità di questo genere.



Il re aragonese, dopo averlo ascoltato, lo cacciò in quanto non credette ad una sola parola. Esquieu de Floryan, non pago, ed anche perché aveva i suoi motivi, soprattutto economici, si rivolse al re di Francia, Filippo IV detto "Il bello".

ESQUIEU DE FLORYAN DA FILIPPO IV

Costui era un re corrotto e dissipatore, e già più di una volta aveva dovuto svalutare la moneta francese per evitare la bancarotta. E più di una volta dovette ricorrere proprio ai Templari per chiedere prestiti onde evitare il tracollo finanziario di tutta la Francia. Dal racconto di Esquieu, Filippo IV capì che forse era giunto il momento di depredare i Templari di tutti i loro tesori, ed ovviamente non restituire i prestiti che aveva ottenuto dall'Ordine Templare stesso. Del resto tutta la Francia era sull'orlo del collasso economico, tanto che in Normandia vi era stata una specie di rivolta, e Filippo IV ordinò che venissero sciolti tutti gli assembramenti di più di cinque persone. Quindi, afferrando al volo l'occasione, Filippo IV nominò due consiglieri per "l'affare dei Templari" : Guglielmo di Nogaret, uno dei più insigni esperti francesi di legislazione e Guglielmo di Plaisans, esponente molto in vista dell'Inquisizione di Francia.

NOGARET E BONIFACIO VIII

Gugliemo di Nogaret era un uomo di personalità assai maligna: la sua principale occupazione era quella di inventare e portare avanti accuse contro prelati, qualsiasi essi fossero.



Tanto che arrivò ad accusare di eresia nientemeno che il Papa Bonifacio VIII, il famoso pontefice dello "schiaffo di Anagni". In quella occasione, Nogaret si presentò davanti a Bonifacio VIII, che era nel palazzo papale di Anagni, schiaffeggiandolo per le eresie. I Templari intervennero in difesa del Papa, mettendo alla fine in fuga la guarnigione francese. Per questo affronto, papa Bonifacio VIII scomunicò Nogaret. Proprio in forza a questa scomunica, Nogaret prese a stilare rapporti e note, a costruire ad arte prove inesistenti, a raccogliere delle testimonianze assolutamente false e tendenziose, fece infiltrare spie dell'Ordine del Tempio, con il compito preciso di "inchiodare" i templari a colpe che in effetti non esistevano. Ma Nogaret aveva anche suggerito a Filippo IV di chiedere al Papa Clemente V il ritiro della sua scomunica in cambio del silenzio sulle colpe inesistenti dei Templari: il Papa non volle sentire ragioni, ed allora Nogaret pensò che era arrivato il momento di agire in modo violento e vessatorio. Durante il mese di giugno del 1307, il Gran Maestro dell'Ordine Templare, Jacques de Molay, convocò un Capitolo Generale dell'Ordine a Parigi, al quale presenziarono anche Filippo IV e lo stesso Nogaret. Il Gran Maestro era appena giunto da Cipro con tutto il tesoro templare, che venne depositato nella Precettoria Generale del Tempio di Parigi.

L'ARRESTO DEI TEMPLARI

Ma il Gran Maestro fu prontamente informato delle mosse di Nogaret e delle sue trame: chiese quindi a Papa Clemente V che venisse aperta una rapida e seria inchiesta per dimostrare l'infondatezza di tutte le assurde accuse contro l'Ordine che Nogaret stava abilmente tessendo, per nome e per conto del re di Francia. Il papa, ascoltato de Molay, accetta di aprire questa inchiesta, ed il 24 agosto 1307 comunica al re di Francia l'apertura di una inchiesta sull'Ordine. A questo punto, Nogaret si vide perduto, in quanto aveva costruito tutte le sue accuse su fatti puramente immaginari e privi di fondamento. Filippo IV inoltre intravide la possibilità di perdere il tesoro templare e che l'Ordine stesso reclamasse il suo credito verso la corona francese: infine la guarnigione templare a Parigi, armata fino ai denti, era ben più forte ed attrezzata della stessa armata dell'esercito francese che era acquartierata proprio a Parigi, armata ormai scalcinata e priva di sostentamenti.



Quindi, con una mossa degna di un bandito, Filippo IV ordinò ai suoi siniscalchi che all'alba del venerdì 13 ottobre 1307 tutti i templari di Francia venissero in un sol colpo e contemporaneamente arrestati, cogliendoli nel sonno. La reazione dei templari fu immediata, ma Jacques De Molay intervenne, ordinando ai suoi cavalieri di deporre le armi e di lasciarsi arrestare, sicuro che il Papa sarebbe senza meno intervenuto in loro difesa. I cavalieri arrestati, fra cui lo stesso De Molay, furono tratti in catene nei sotterranei della Fortezza del Tempio di Parigi. Questa mossa suscitò le ire del Papa, che inviò al re una lettera di riprovazione con l'ordine di lasciare liberi i Templari, e nello stesso tempo i regnanti d'Europa, fra cui Edoardo II d'Inghilterra e Giacomo II d'Aragona presero le difese dei Templari, chiedendone con forza la liberazione. Ma Filippo IV fu sordo a tutti i richiami, ed all'inizio di ottobre 1307 nomina Guglielmo Imbert Grande Inquisitore di Francia, ponendolo di fatto a capo assoluto del Tribunale dell'Inquisizione. Uomo di grandi doti e grande ingegno, era anche di una ferocia inaudita. Iniziò ad interrogare i cavalieri in carcere, sotto le più terribili torture e le più grandi sofferenze.



LE TORTURE AI TEMPLARI

Sotto queste torture, i cavalieri cominciarono a confessare le cose più inaudite, fra cui lo sputo sulla croce, l'apostasia, le pratiche sessuali e quant'altro era stato partorito dalla fervida mente di Nogaret. Difatti i cavalieri non stavano confessando quello che era verità, ma quello che veniva detto loro di confessare per avere salva la vita e non patire più sotto gli strumenti di tortura. Da verbali dell'epoca (i pochissimi che ci sono rimasti) possiamo leggere questo stralcio di interrogatorio:

Inquisitore : E' vero che all'atto dell'iniziazione sputavi sulla croce? Se ammetti questo smetteremo di tenerti appeso per i tuoi testicoli!

Templare : Si, è vero, ma per pietà tiratemi giù!

Inquisitore : E' vero che vi baciavate durante la notte?

Templare : Si, ma tiratemi giù!!

Inquisitore : E' vero che non riconoscevi Cristo nell'uomo sulla croce?

Templare : .........................

Inquisitore : E' morto, portatelo via.



Questo è solo uno stralcio degli interrogatori che l'Inquisizione di Francia aveva in serbo per i Templari, una cosa abominevole. Venivano usate tutte le macchine di tortura più sofisticate per quei tempi, come gli allungatori, le sedie chiodate, gli stringigola, i rulli chiodati, gli stenditoi, acqua ed olio bollente e così via. Come potevano i cavalieri non ammettere, sotto queste torture quello che i loro aguzzini volevano? Moltissimi cavalieri, dotati di coraggio sovrumano, non parlarono e non ammisero mai quello che non era vero, e morirono sotto le torture, intonando con l'ultimo filo di voce il "Non nobis Domine", l'inno templare inneggiante a Dio. A queste atrocità fu sottoposto anche Jacques De Molay, al quale fu detto che se voleva salva la sua vita e quella dei cavalieri del suo Ordine, doveva ammettere quel che gli veniva chiesto. Molay, solo per salvare non lui, ma i suoi cavalieri, ammise le menzogne il 24 ottobre 1307, davanti alla commissione nominata dall'Università di Parigi. Questa pubblica confessione che De Molay fece, obbligò il Papa ad agire, anche se di controvoglia. Così, il 22 novembre 1307, Papa Clemente emette una bolla, la "Pastoralis Praeminentiae", nella quale si ordina l'arresto di tutti i cavalieri templari e che i loro beni fossero messi sotto sequestro e sotto tutela della Chiesa. Tale ordine era anche per gli altri sovrani d'Europa, non solo per la Francia. Quindi i regnanti europei, in conformità a quanto disposto dal Papa, procedettero agli arresti ed agli interrogatori ma, mentre in Francia continuavano a perpetrarsi orrori ai danni dei cavalieri, le cose negli altri regni d'Europa, nessuno escluso, andarono ben diversamente. Per fare un esempio, nel regno di Aragona i Templari si chiusero nei loro castelli e si difesero, mentre lo stesso re d'Aragona proclamava l'innocenza dell'Ordine. Anche a Cipro i Templari si difesero, e le truppe reali dovettero fare marcia indietro. In Germania tutti i cavalieri, dopo gli interrogatori, furono prosciolti dalle accuse e portati anzi agli onori delle folle, mentre in Portogallo il sovrano regnante, Dionigi detto "il giusto", fondò un nuovo Ordine, la Cavalleria di Cristo, di cui lui stesso fece parte e dove fece confluire tutti i Templari del regno. In Italia, nelle zone non controllate dal dominio francese, i Templari furono completamente scagionati e liberati. In Inghilterra il re non prese neanche in considerazione l'ipotesi di un arresto di massa.



L'unica cosa che tutti i Precettori Templari d'Europa non comprendevano era perché De Molay avesse ammesso accuse così infamanti per l'intero Ordine, accuse peraltro tutte inventate di sana pianta da Nogaret. Mentre a Parigi i cavalieri del Tempio continuavano a cadere l'uno dopo l'altro sotto le torture dell'Inquisizione, ammettendo colpe che non esistevano, solo per cercare di salvarsi, il Papa cominciò ad insospettirsi di questo comportamento, e così rimosse dal suo incarico Guglielmo Imbert, sostituendolo con un'apposita commissione pontificia di sua fiducia. Filippo IV, irritato per questo gesto del Papa, rispose subito con la convocazione degli Stati Generali (una specie di parlamento della nobiltà, del clero e dell'alta borghesia) a Tours, nel marzo del 1308. Terminati i lavori, il re, a capo di un consistente esercito di 10.000 uomini, si incontra con Clemente V, comunicandogli le decisioni adottate dagli stati generali, che si potevano riassumere in due punti salienti:

la condanna definitiva dei Templari e la soppressione dell'Ordine, confiscandone tutti i beni, castelli compresi, a favore del regno di Francia;

l'apertura di un processo canonico per eresia contro il predecessore di Clemente V, Papa Bonifacio VIII, lo stesso che ricevette il famoso "schiaffo di Anagni" che costò a Nogaret la scomunica.

Il Papa Clemente V ora ha paura: è praticamente prigioniero di Filippo IV (la sede del papato era stata portata ad Avignone) ed una condanna canonica di Bonifacio VIII avrebbe pregiudicato anche il suo pontificato, in quanto era stato lo stesso Bonifacio a conferire a Clemente V la porpora di cardinale. Il Papa era davanti ad una scelta terribile: sacrificare la Chiesa o sacrificare l'Ordine del Tempio. Era più che ovvio che optò per la seconda ipotesi. Così, il 27 giugno 1308, settantadue templari, che erano stati abilmente scelti da Nogaret fra le spie, i rinnegati e gli sfiniti dalle torture, ammisero, davanti al Papa, i loro rituali infami inventati dalla fertile mente di Nogaret stesso. Allora il Papa non ebbe scelta: fu suo malgrado costretto a richiamare Guglielmo Imbert a capo dell'Inquisizione, e con la bolla "Faciens Misericordiam" del 12 agosto 1308, nomina una commissione pontificia d'inchiesta, rinviando così la soppressione dell'Ordine ad un successivo concilio, mentre i beni dei Templari rimanevano, insieme ai suoi uomini, nelle mani di Filippo IV. Si andò avanti fra torture e quant'altro fino al novembre 1309, quando Jacques De Molay chiese ed ottenne di essere ascoltato dalla commissione pontificia.



Il vecchio gran maestro respinse tutte le accuse, chiedendo di essere ricevuto direttamente dal Papa, ma questo suo buon diritto gli venne negato. Gli furono soltanto consegnati dei documenti sui quali avrebbe potuto dire qualcosa, ma tali documenti erano poco o nulla. Quindi la commissione pontificia sospende i lavori. Arriviamo così al 3 febbraio 1310, giorno in cui la commissione nominata da Clemente V riapre i lavori, e nelle aule della commissione, riservatissime, si aggirava indisturbato Guglielmo di Plaisans, l'uomo di fiducia e legato del re di Francia. Alla fine di febbraio, dopo che la commissione ebbe esaminati molti documenti, ben 546 cavalieri templari chiesero di essere ascoltati per difendere l'Ordine dalle accuse infamanti che erano state profferite. La commissione pontificia ovviamente non poteva ascoltarli tutti, quindi chiese di scegliere fra i cavalieri una rappresentanza, che fu ristretta a 4 cavalieri: Pietro da Bologna, cappellano templare e giurista; Rinaldo di Provins, cappellano; Betrand de Sartiges e Guglielmo di Chambonnet, cavalieri templari della provincia di Alvernia. Questi cavalieri espongono alla commissione pontificia il loro punto di vista, difendendo l'Ordine contro il re e gli Inquisitori, poi ribadendo la fedeltà dell'Ordine al Papa ed alla Chiesa. I vescovi della commissione riferiscono tutto al Papa, che decide di far slittare l'inizio del concilio per la soppressione dell'Ordine al 1312. Tutto questo suscitò le ire di Filippo IV, che dapprima si rivolse ad un teologo dell'università di Parigi che, prezzolato dallo stesso re, riuscì a dire questa enormità: "Difendere l'Ordine del Tempio significa che esso potrebbe essere innocente, ma dato che esso è colpevole, è inutile difenderlo." Pensiamo che commentare queste parole sia superfluo. Non solo: l'arcivescovo di Sens e Parigi era morto, quindi occorreva nominare un successore: Filippo IV riesce ad ottenere dal Papa la nomina di Filippo di Marigny, arcivescovo ma anche grande amico e fidatissimo del re di Francia.

MARIGNY BRUCIA I TEMPLARI

Senza colpo ferire, Marigny chiude a Parigi l'inchiesta sui templari rinchiusi nelle prigioni sulla Senna ancora prima che la commissione pontificia si pronunci, e con un atto insensato quanto feroce il 10 maggio 1310 condanna al rogo 54 templari della Precettoria di Parigi. Il 12 maggio, due giorni dopo, i 54 cavalieri muoiono a fuoco lento sulla Senna, dopo aver chiesto ed ottenuto di intonare il "Te Deum" e dopo aver respinto per l'ultima volta le accuse loro mosse. Il Papa, dopo le prime proteste, decide così di aprire il concilio per la soppressione dell'Ordine a Vienne, il 16 ottobre 1311, dove all'ordine del giorno ci sono tre punti da discutere: la questione dei Templari, una nuova Crociata e la riforma della Chiesa.



Sulla questione dei Templari i vescovi del concilio sono divisi, in quanto la colpevolezza dell'Ordine non è provata da alcun fatto eclatante, a parte le confessioni estorte sotto tortura. Intanto, 2500 cavalieri templari provenienti dalla Francia e da altri regni europei si radunano nei boschi intorno a Vienne, armati fino ai denti e pronti alla battaglia, in attesa delle decisioni del concilio. Saputo questo, Filippo IV si spaventa, e piomba a Vienne alla testa di un esercito di 12.000 uomini fra divisioni di fanteria e squadroni di cavalleria.

LA SOSPENSIONE DELL'ORDINE

Visto questo il Papa, dopo aver ascoltato il concilio, per evitare ulteriori spargimenti di sangue ed altre guerre fratricide, emette la bolla "Vox in Excelso", dove sospende l'Ordine da qualsiasi attività, non dichiarando tuttavia la scomunica dello stesso. Sulla bolla si legge che il concilio propone tutto ciò solo per "decisione apostolica e con dolore", e non per eresia, apostasia e quant'altro, che avrebbero senza meno portato all'automatica scomunica dell'Ordine. Nel frattempo, nei boschi attorno a Vienne il numero dei Templari aveva raggiunto le 4000 unità, pronti alla battaglia, e l'esercito del re di Francia ben poco avrebbe potuto fare contro cavalieri abituati a combattere nel deserto della Palestina e che mai avrebbero indietreggiato di un passo davanti a qualsiasi nemico, come la Regola Templare prevedeva. Ma in questa Regola vi era un punto importante, che riportiamo come è scritto: "Perché cristiano, mai la spada di un cavaliere del Tempio venga brandita contro un altro cristiano se non per ragioni di difesa del Luogo Santo". Questo non era il caso ed i cavalieri, in osservanza della Regola e ricevuto in tal senso un ordine preciso del Gran Maestro De Molay, languente in carcere, gettarono le armi e si inchinarono alla volontà del Papa. Così, i Templari, tranne qualcuno irriducibile, si lasciarono prendere prigionieri dalle truppe reali, e vennero portati nelle segrete di Parigi, di Amiens e di Sens. La bolla papale prevedeva anche che una parte dei beni dei Templari venissero donati agli Ospitalieri di San Giovanni (gli attuali Cavalieri di Malta), una parte incamerati dalla Chiesa ed un'altra parte dati al regno di Francia. Ma ben poca cosa era rimasta del tesoro dei Templari. In chiusura del concilio, il 6 maggio 1312, il Papa emette la bolla "Considerantes Dudum", che ridisegna la mappa dei ordini monastici ed avoca all'autorità papale il giudizio finale su De Molay e gli altri 3 alti dignitari dell'Ordine del Tempio, che erano Charney, Precettore di Normandia, Pairaud, siniscalco del Tempio e Gonneville, maresciallo del Tempio, in pratica le tre cariche sovrane dell'Ordine. Tale decisione deve essere presa da una commissione pontificia formata da 3 cardinali, presieduta, guarda caso, dal Marigny.

DE MOLAY AL ROGO

I cavalieri furono convocati, e gli venne chiesto se le accuse loro mosse fossero vere o no: in caso di ammissione delle colpe loro ascritte, i cavalieri avrebbero avuta salva la vita e avrebbero passato il resto della stessa nelle prigioni della Senna, mentre se avessero negato le loro colpe, sarebbero stati dei "relapsi", cioè dei reietti e quindi andavano messi a morte. Alla domanda sulla veridicità delle accuse, tutti e quattro, sdegnosamente, respinsero ogni addebito, gridando la loro innocenza, pur sapendo che questo significava la loro morte. Ma davanti ad una reazione così violenta, la commissione rimandò ogni decisione al giorno successivo, informando nel contempo il Papa della cosa. Ma ne fu informato anche il re, dallo stesso Marigny. Filippo IV, che aveva avuto dal concilio di Vienne una consistente fetta del tesoro del Tempio, non volle sentire ragioni, e con un atto infame quanto assolutamente illegittimo ed arbitrario, ordinò che i quattro templari venissero messi a morte tramite supplizio sul rogo, la sera stessa.



Era il 18 marzo 1314. De Molay ed i suoi tre sventurati compagni di pena vennero portati sull'isolotto di Pont Neuf, sulla Senna, dove furono legati ai pali del rogo. Il legato del re chiese loro se volevano parlare come si conviene per i condannati a morte. Dai verbali di quel giorno si legge che De Molay parlò a nome di tutti, rivolto verso il Papa, il Re ed il Nogaret, dicendo testualmente: "Desideriamo che i nostri volti siano rivolti alla Cattedrale di Notre Dame, e desideriamo cantare le lodi dell'Onnipotente con il Te Deum, mentre il fuoco farà massacro delle nostre carni. Quanto a voi, miserabili, indegni di essere chiamati uomini, che avete insozzato ed infangato un Ordine Sacro, ascoltate attentamente: tu, Filippo, re dell'inganno e della menzogna, e tu Clemente, fantoccio guascone che crede di essere degno del soglio pontificio, e tu, Nogaret, abile spia e concertatore dell'infamia e del disonore, ascoltate: sarete al cospetto del Santo Tribunale di Dio entro l'anno per rispondere delle vostre nefandezze.". Detto questo, volsero tutti il capo verso Notre Dame, intonarono il Te Deum e morirono fra atroci sofferenze nel fuoco lento. Ma la maledizione che il vecchio Gran Maestro del Tempio aveva gettato arrivò precisa: il 20 aprile 1314 Clemente V moriva a seguito di una infezione intestinale, ed il suo corpo, esposto nella cattedrale con indosso i paramenti pontifici, fu incenerito da un fulmine entrato da una delle vetrate; il 29 dicembre 1314 Filippo IV moriva in una battuta di caccia, cadendo da cavallo, ferendosi mortalmente e morendo tra atroci sofferenze; il 31 dicembre 1314 Nogaret moriva colpito da meningite fulminante. Un anatema degno delle maledizioni egizie. Finiva così l'Ordine del Tempio.

RINASCITA DELL'ORDINE

Ma ora noi lo stiamo facendo rinascere, anche consapevoli di essere indegni di cotanto coraggio e cotanta devozione a Colui che è il Re dei Re, ma sempre noi lavoreremo per Lui e per tutto ciò che ci ha insegnato e confidiamo sempre nella Sua Santa Misericordia. Noi non abbiamo astio verso l'odierna Chiesa Cattolica, noi non vogliamo né cerchiamo risarcimenti, né reclamiamo in alcun modo proprietà maltolte con l'inganno, la vessazione e la violenza: noi chiediamo soltanto che sia riconosciuta l'innocenza dell'Ordine, con un processo apostolico di revisione, fino a far ammettere alla Chiesa di Roma, come ha già fatto per altre cose, i suoi errori. E questo è infatti uno dei più grandi errori che la Chiesa di Roma abbia mai fatto nei duemila anni della sua esistenza. Noi cavalieri del Tempio rimaniamo comunque fedeli alla Chiesa, nonostante tutto il male ricevuto, ma non perché la Chiesa sia un dogma incontrovertibile, non perché le sia dovuto solo del rispetto per il suo nome, ma perché in ogni caso, nel bene e nel male, rappresenta la forma di Cristo sulla Terra. Ma ribadiamo che questa Chiesa, come Cristo stesso ha sempre insegnato, deve essere capace di riconoscere il proprio errore, anzi in questo caso, il proprio "orrore", riabilitando l'Ordine del Tempio al posto che ad esso compete, un posto di umiltà accanto alla Croce di Cristo, ma anche di difensore del Figlio dell'Uomo e della Chiesa stessa, perché la fratellanza e l'amore sono doni che Dio e Suo Figlio ci hanno insegnato e sono valori che nessuno potrà mai far venire meno.

I MISTERI DEI TEMPLARI

Per terminare questo incontro nella fratellanza, desidero parlare ora di un argomento che da sempre ha affascinato e nello stesso tempo creato diffidenza attorno ai templari: la loro parte esoterica. Penso che sarà interessante, anche perché dirò cose che molti di voi nemmeno pensavano lontanamente. Non vi saranno rivelazioni eccezionali, ma cose che reputare degne di nota mi sembra riduttivo.

Come abbiamo già detto, i primi nove cavalieri templari ebbero il loro primo quartier generale sull'area della Moschea di Al-Aqsa, la spianata del Tempio di Salomone, dalla quale appunto presero il nome. Abbiamo anche già detto che i Templari avevano inizialmente dei compiti di polizia, cioè di difendere i pellegrini dagli attacchi dei briganti e delle bande musulmane nelle zone circostanti la Città Santa. Ma, da studi neanche tanto recenti, e da documentazioni talvolta monumentali, ivi compresi antichi codici miniati, abbiamo ragione di credere che non fosse proprio così. Senz'altro i Templari avevano il compito che abbiamo detto e che svolsero in modo più che disciplinato, ma ne avevano anche un altro, molto più importante del primo. Ma per comprendere esattamente quale era questo secondo compito, occorre fare un salto indietro di diversi secoli: al tempo immediatamente successivo alla morte di Gesù ed ai fatti accaduti allora. Ce ne informa lo storico Giuseppe Flavio e gli storici ebraici.

DOPO LA MORTE DI GESU'

Quando Gesù morì, le cose andarono diversamente da quello che comunemente si sa. Si formarono due chiese, una retta da Pietro, discepolo di Gesù, ma inviso ai più, tanto che fu costretto dai saggi del Sinedrio ad allontanarsi da Sion. La seconda, più forte, retta da Giacomo, che fu posto a capo della Chiesa di Gerusalemme, con il compito di portare avanti la parola di Gesù ma nello stesso tempo di non urtare troppo la suscettibilità degli altri rappresentanti ebraici, nel Tempio di Gerusalemme. Ma alla fine anche Giacomo, come Gesù, non fu ascoltato, e un giorno fu prima lapidato, come d'uso fra gli ebrei, e poi gettato giù dalle mura del Tempio, nel luogo ove ancora oggi si può vedere la sua tomba. I seguaci di Giacomo si diedero alla macchia, mentre i cosiddetti "vincenti" si acquartierarono nel Tempio di Salomone, e lo elessero a proprio domicilio religioso. Ma i sacerdoti avevano fatto i conti senza i Romani, che nel 70 d.C., assaltarono il Tempio e lo saccheggiarono, uccidendo tutti quelli che trovarono al loro interno, e portando via il tesoro là custodito.

Nessun commento: